Quando ho compiuto 30 anni sono riuscita a comprare casa. Avevo già un lavoro stabile da tempo, una famiglia vicina a supporto, il passaporto pieno di timbri.
Per svago e per lavoro avevo avuto la fortuna di viaggiare tanto e di passare molto tempo fuori dall’Italia con il bagaglio ricco di esperienze; volando da uno Stato all’altro, sono sempre tornata a casa accolta a braccia aperte da parenti e amici.
A novembre A. compirà 30 anni e, insieme a mio marito, stiamo già pensando a come festeggiarlo. Dice che siamo la sua famiglia italiana nonostante ci si conosca, grazie al progetto Instradaaa, da neanche due anni. L’obiettivo del progetto è quello di sviluppare e sostenere i percorsi di uscita dei richiedenti asilo e rifugiati sui territori di Alba e Bra, Saluzzo e Savigliano attraverso un sistema di welfare di comunità basato sullo scambio e la reciprocità. L’impegno richiesto è minimo: una chiamata a settimana, una cena insieme, il supporto per la macchinosa burocrazia italiana. Il tutto finalizzato a un inserimento nella società e la completa autonomia.
Per noi all’inizio si è trattato di serate passate insieme, cene con gli amici, passaggi in macchina e aiuto in piccole incombenze amministrative. Gli amici condividono però anche le brutte esperienze. Ricordo ancora la prima volta in cui A. ci ha parlato di cosa ha subito in Libia: le torture, i soprusi, il viaggio tremendo verso l’Italia e l’incertezza continua dei primi tempi passati nel nostro Paese.